
Si tratta di una presa di posizione molto importante, in quanto pone fine ad un dibattito che andava avanti dal 2016 e che elimina i dubbi interpretativi che avevano consentito a molte società a partecipazione pubblica plurima di sottrarsi alla maggior parte delle disposizioni contenute nel D.lgs. 175/2016 (TUSP).
I dubbi interpretativi erano sorti con riferimento alla definizione di “controllo” prevista all’art. 2, comma 1, lettera b), del suddetto decreto e a quella di “società a controllo pubblico” prevista alla successiva lettera m). Secondo il D.lgs. 175/2016, infatti:
- per “controllo”, si intende “la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”;
- per “società a controllo pubblico”, invece, si intendono quelle in cui “una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)”.
La Corte dei Conti nella deliberazione n. 11/2019 richiama la giurisprudenza e i diversi pronunciamenti esistenti in materia, fra cui l’orientamento del 15/02/2018 della Struttura di monitoraggio e controllo delle partecipazioni pubbliche del Ministero dell’economia e delle finanze, mettendo in luce i seguenti aspetti:
- le definizioni di “controllo”, contemplate dal D.lgs. 175/2016, rilevano ai soli fini dell’esatta perimetrazione, oggettiva e soggettiva, delle disposizioni di tale testo unico e non anche per l’applicazione di altre norme, in particolare del Codice civile;
- il D.lgs. 175/2016 dispone che, sulle stesse materie, le norme del Codice civile e, in generale, le norme di diritto privato, sono recessive rispetto alle norme contenute nel testo unico; tale criterio di prevalenza vale quindi anche in sede di individuazione dell’aggregato delle “società a controllo pubblico”;
- le definizioni di “controllo” contenute nel D.lgs. 175/2016 sono più ampie (o comunque non esattamente coincidenti) di quelle civilistiche;
- l’interpretazione letterale dell’art. 2 del D.lgs. 175/2016, basata sul combinato disposto delle lettere b) ed m) e del richiamo integrale della seconda alla prima e della riferibilità della situazione descritta dall’art. 2359 del Codice civile a “una o più” amministrazioni pubbliche socie, è ritenuta anche funzionale all’obiettivo del legislatore di assoggettare le “società a controllo pubblico” a disposizioni più stringenti rispetto a quelle, sicuramente meno rigorose, rivolte agli organismi a mera partecipazione pubblica;
- in base al combinato disposto dell’art. 2, comma 1, lett. b) e m), del D.lgs. 175/2016 e dell’art. 2359 del Codice civile le Amministrazioni pubbliche socie vengono individuate come un soggetto unitario, indipendentemente dal fatto che il controllo venga svolto da una sola Amministrazione o da più di esse cumulativamente.
Infine, molto importante è anche l’affermazione della Corte circa l’obbligatorietà della formalizzazione degli strumenti necessari per esercitare un’influenza dominante sulla società. Secondo i magistrati contabili, infatti, nel caso di società a maggioranza o integralmente pubbliche le Amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo (e non la facoltà) di attuare, e formalizzare, misure e strumenti coordinati di controllo, quali la stipula di apposti patti parasociali e/o la modifica delle clausole statutarie.
La Corte conclude affermando che “sia sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle “società a controllo pubblico”, rilevante quale ambito di applicazione, soggettivo o oggettivo, di alcune disposizioni del D.lgs. n. 175 del 2016, che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del codice civile”.