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progettazioneL’art. 113 del D.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) prevede che le “amministrazioni aggiudicatrici” destinano ad un apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2% da calcolare sull’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara, da destinare alle funzioni tecniche svolte dai dipendenti dell’amministrazione.

  1. L’evoluzione normativa

L’introduzione nell’ordinamento degli incentivi tecnici risale alla L. 109/1994 (Legge Merloni), il cui art. 18 prevedeva la ripartizione tra determinati soggetti di un incentivo “per la progettazione”, che la norma quantificava in una somma non superiore all’1,5% dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro.

Successivamente, la suddetta previsione venne trasfusa nell’art. 92, commi 5 e 6 del D.lgs. 63/2006 (Codice degli appalti), con alcune innovazioni quali il tetto all’incentivo e la necessità, ai fini della sua concreta erogazione, del previo positivo accertamento della attività svolta.

Nel 2014 il legislatore ha ridisegnato in maniera incisiva la disciplina: con il D.L. 90/2014 sono stati abrogati i commi 5 e 6 dell’art. 92 del Codice dei contratti e sono stati aggiunti una serie di commi all’art. 93, ponendo quindi le basi per arrivare alla disciplina attuale.

Dall’analisi delle norme che si sono succedute nel tempo emerge chiaramente come il legislatore abbia modificato la sua posizione: l’originaria volontà di spostare all’interno degli uffici le attività di progettazione e le capacità professionali di elevato profilo è stata gradualmente affiancata, e poi sostituita, dalla volontà di accrescere efficienza ed efficacia di attività tipiche dell’amministrazione, passibili di divenire economicamente rilevanti nella misura in cui producono risparmi in termini di rispetto dei tempi e di riduzione di varianti in corso d’opera.

  1. L’applicazione alle società “in house”

Per “amministrazione aggiudicatrice” il Codice dei contratti pubblici intende “le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti;” (art. 3, comma 1, let. a)).

Per “organismi di diritto pubblico” si intendono “qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV:

1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

2) dotato di personalità giuridica;

3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.” (art. 3, comma 1, let. d)).

Le società “in house” soddisfano contemporaneamente tutti e tre i requisiti sopra indicati; per tale motivo, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee e la prevalente dottrina, le stesse sono da considerare organismi di diritto pubblico, ancorché aventi natura societaria. Tali società, infatti, sono costituite per soddisfare esigenze d’interesse generale, sono dotate di personalità giuridica, sono soggette al controllo delle Amministrazioni pubbliche socie, controllo che si esplica anche, ma non solo, attraverso la nomina dei componenti dell’organo amministrativo.

Inoltre, l’art. 16, comma 7 del D.lgs. 175/2016 (Testo Unico delle società a partecipazione pubblica) prevede che “Le società di cui al presente articolo [società “in house”, n.d.r.] sono tenute all’acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016. […]”.

Risulta quindi chiaro che le società “in house”, essendo considerate degli organismi di diritto pubblico ed essendo obbligate ad applicare il Codice dei contratti pubblici per espressa previsione normativa, sono tenute a dare attuazione anche alla previsione di cui all’art. 113 del Codice e, di conseguenza, a costituire il fondo per gli incentivi al personale tecnico.

Infine, è da tenere presente che l’art. 1, comma 3, del D.lgs. 50/2016 prevede delle ipotesi di disapplicazione dell’art. 113 in commento; per le società “in house” tali ipotesi hanno effetto limitato. Infatti, secondo l’art. 1 comma 3, l’art. 113 non può essere applicato alle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non siano organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, oppure che affidano lavori, servizi e forniture di cui agli artt. 115-121 del Codice.

  1. La contrattazione collettiva ed il regolamento

Per la costituzione e gestione del fondo l’art. 113 del Codice dei contratti pubblici fissa alcuni princìpi generali, rimandando alla contrattazione collettiva e ad uno specifico regolamento che l’Amministrazione aggiudicatrice (e quindi anche la società “in house”) dovrà necessariamente predisporre prima dell’erogazione di qualsiasi incentivo.

L’adozione del regolamento da parte della singola amministrazione aggiudicatrice è infatti “conditio sine qua non” per attuare il riparto del fondo tra gli aventi diritto.

Al regolamento non può essere data efficacia retroattiva.

  1. Le attività incentivabili

Il fondo è destinato alle funzioni tecniche svolte dai dipendenti dell’amministrazione aggiudicatrice esclusivamente per le seguenti attività:

  1. programmazione della spesa per investimenti;
  2. valutazione preventiva dei progetti;
  3. predisposizione e controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici;
  4. attività di Responsabile Unico del Procedimento (RUP);
  5. direzione dei lavori;
  6. direzione dell’esecuzione;
  7. collaudo tecnico amministrativo;
  8. verifica di conformità;
  9. collaudatore statico.

Qualora vi siano in essere contratti o convenzioni che prevedono modalità diverse di retribuzione delle funzioni tecniche svolte dai dipendenti dell’amministrazione aggiudicatrice, quest’ultima non dovrà/potrà costituire il fondo incentivante.

Coloro che costituiscono o si avvalgono di una centrale di committenza possono destinare il fondo o parte di esso ai dipendenti di tale centrale.

Nel caso di appalti relativi a servizi o forniture l’amministrazione aggiudicatrice potrà costituire il fondo solo nel caso in cui sia nominato il direttore dell’esecuzione (che, ai sensi dell’art. 111, comma 2, del D.lgs. 50/2016, nei contratti di servizi o di forniture è, di norma, il responsabile unico del procedimento).

  1. Determinazione del fondo

Il fondo viene determinato a valere sugli stanziamenti previsti per i singoli appalti di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti.

La magistratura contabile ha sostenuto che il fondo può essere accantonato solo in presenza di una procedura di gara o, in generale, una procedura competitiva. Ne consegue che sono escluse ai fini di accantonamento del fondo in questione gli importi di lavori ed altri investimenti attuati con procedure di somma urgenza o ad affidamento diretto (Sezione di controllo della Corte dei Conti per la Toscana, deliberazione n. 186/2017/PAR). Pertanto, per i lavori, servizi e forniture affidati ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a) del Codice dei contratti (affidamenti diretti di importo inferiore a 40.000) non possono essere riconosciuti e liquidati gli incentivi (Sezione di controllo della Corte dei Conti per le Marche, deliberazione n. 28/2018/PAR).

Qualora la società “in house” svolga le funzioni di contrale di committenza, ai sensi dell’art. 4, comma 2, let. e) del D.lgs. 175/2016, la stessa può richiedere agli enti per i quali svolge tale funzione il riconoscimento di una quota parte, non superiore ad un quarto, dell’incentivo previsto all’art. 113, comma 2.

La Sezione Autonomie della Corte dei Conti ha recentemente affermato, con riferimento alle Amministrazioni pubbliche, che “Gli incentivi disciplinati dall’art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016 nel testo modificato dall’art. 1, comma 526, della legge n. 205 del 2017, erogati su risorse finanziarie individuate ex lege facenti capo agli stessi capitoli sui quali gravano gli oneri per i singoli lavori, servizi e forniture, non sono soggetti al vincolo posto al complessivo trattamento economico accessorio dei dipendenti degli enti pubblici dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017(deliberazione n. 6/SEZAUT/2018/QMIG). Pertanto, almeno per le attività svolte e concluse dal 1° gennaio 2018, gli incentivi di cui all’articolo 113 in commento sono da escludere nel tetto dei trattamenti accessori di cui all’art. 1, comma 236 della L. 208/2015 (Legge di stabilità 2016). Il principio affermato dalla Corte dei Conti non ha rilevanza per le società “in house”, posto che per queste la previsione degli incentivi tecnici dovrà essere autorizzata dall’Amministrazione pubblica controllante che, ai sensi dell’art. 19, comma 5 del D.lgs. 175/2016, ha l’obbligo di fissare, con propri provvedimenti, gli obiettivi specifici, sia annuali che pluriennali, a cui le società devono tendere, con riferimento al complesso delle spese di funzionamento, fra cui vi rientrano anche quelle relative al personale.

Inoltre, per costante giurisprudenza, l’incentivo non può essere calcolato sugli appalti che hanno ad oggetto interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, anche se tali attività di manutenzione non sono espressamente escluse dall’art. 113. Secondo la Corte dei Conti, l’avverbio “esclusivamente”, che è stato utilizzato dal legislatore al comma 2 di tale articolo per individuare le attività per lo svolgimento delle quali può essere previsto un compenso specifico e aggiuntivo, “deve essere interpretato nel senso della tassatività delle attività incentivabili. Pertanto non essendo stata espressamente ricompresa l’attività di manutenzione, ne discende che non può essere prevista per la stessa nessuna remunerazione ai sensi dell’articolo 113 d.lgs. 50/2016” (Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna, deliberazione n. 118/2016, Sezione di controllo della Corte dei Conti per la Toscana, deliberazione n. 186/2017/PAR).

Per quanto attiene agli acquisti effettuati tramite adesioni alle convenzioni Consip e Mepa o simili, la Corte dei Conti (Sez. Regionale di Controllo per la Lombardia, deliberazione n. 185/2017/PAR), confermando la posizione di altre sezioni, ha chiarito che l’art. 113 riconosce l’incentivo “esclusivamente” per le attività ivi indicate; tale avverbio esprime con chiarezza l’intenzione del legislatore di riconoscere il compenso incentivante limitatamente alle attività espressamente previste, ove effettivamente svolte. Quindi, l’elencazione contenuta nella norma deve essere considerata tassativa, in quanto la disciplina degli incentivi, derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività della retribuzione dei dipendenti pubblici (e quindi anche dei dipendenti delle società “in house”), è da considerarsi di stretta interpretazione e non suscettibile di estensione analogica. Tuttavia, secondo la Corte dei Conti spetta comunque all’ente la valutazione, caso per caso, dell’applicabilità o meno dell’incentivo per gli acquisti effettuati tramite sistemi di e-procurement, in quanto anche in tali situazioni possono essere presenti attività incentivabili (per esempio, la programmazione degli investimenti). Tuttavia, nonostante questa apertura, la concreta applicazione dell’incentivo ai casi appena analizzati appare piuttosto difficile, anche tenuto conto che il comma 5 dell’art. 113 ritiene incentivabili le attività svolte dalla centrale di committenza (Consip, Mepa, ecc.).

  1. La ripartizione del fondo

L’80% delle risorse del fondo deve essere ripartito, per ciascuna opera o lavoro, servizio, fornitura con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di apposito regolamento adottato dall’amministrazione aggiudicatrice, tra:

  • il responsabile unico del procedimento;
  • i soggetti che svolgono le funzioni tecniche ed i loro collaboratori.

Gli importi sono comprensivi anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’Amministrazione.

Ai sensi dell’art. 113, comma 3, ultimo periodo del D.lgs. n. 50/2016 è escluso dalla ripartizione dell’incentivo il personale con qualifica dirigenziale.

L’amministrazione aggiudicatrice deve stabilire anche i criteri e le modalità di riduzione degli incentivi connessi alla singola opera o lavoro, a fronte di eventuali incrementi dei tempi o dei costi non conformi alle norme del Codice dei contratti pubblici.

Il restante 20%  delle risorse del fondo, ad esclusione di quelle derivanti da finanziamenti europei o da altri finanziamenti a destinazione vincolata, deve essere destinato all’acquisto da parte dell’amministrazione di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione, anche  per  il  progressivo  uso  di  metodi e strumenti elettronici specifici di modellazione elettronica informativa per l’edilizia e le infrastrutture, di implementazione delle banche dati per il controllo e il miglioramento della capacità di spesa e di efficientamento informatico, con particolare riferimento alle metodologie e strumentazioni  elettroniche per  i  controlli. Inoltre, una parte delle risorse può essere destinata all’attivazione presso l’amministrazione aggiudicatrice di tirocini formativi e di orientamento ex all’art. 18 Legge 196/1997 o per lo svolgimento di dottorati di ricerca di alta qualificazione nel settore dei contratti pubblici, previa sottoscrizione di apposite convenzioni con le Università e gli istituti scolastici superiori.

Da tenere presente anche che l’incentivo è riservato al personale interno all’ente; pertanto, nel caso in cui vengano incaricati di taluni servizi tecnici (per esempio, il collaudo) dei dipendenti pubblici di altre amministrazioni, “è auspicabile che la remunerazione della prestazione […] sia oggetto di apposite intese fra le pubbliche amministrazioni, utilizzando l’incentivo […] del Codice come termine di raffronto, fatto salvo il rimborso delle spese sostenute per l’espletamento dell’incarico” (AVCP, determinazione n. 2 del 25 febbraio 2009). In tali casi, gli incentivi corrispondenti a prestazioni affidate a soggetti esterni all’Amministrazione vanno comunque ad incrementare il montante del fondo.

  1. La corresponsione degli incentivi

La corresponsione degli incentivi è disposta dal dirigente o dal responsabile di servizio competente, previo accertamento delle specifiche attività svolte dal personale tecnico.

Gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente, anche da diverse amministrazioni, non possono superare il 50% del suo trattamento economico complessivo annuo lordo.