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La normativa di riferimento

Il D.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” ha per oggetto la disciplina della libertà di accesso di chiunque ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni e da altri soggetti che svolgono attività d’interesse pubblico.

Questa libertà, che può essere esercitata nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, viene garantita tramite l’accesso civico generalizzato e tramite l’obbligo di pubblicare documenti, informazioni e dati concernenti l’organizzazione, le attività e le modalità di loro realizzazione.

Per “accesso civico generalizzato” si intende la possibilità di accedere a dati e documenti che non sono oggetto di pubblicazione obbligatoria, mentre per “pubblicazione” si intende la pubblicazione nei siti istituzionali delle organizzazioni interessate, delle informazioni e dei dati concernenti la loro organizzazione e/o le attività svolte, con modalità di accesso libere, in conformità alle specifiche e alle regole tecniche di cui all’allegato A del D.lgs. 33/2013.

Si tratta di una disciplina che inizialmente doveva essere applicata solo dalle pubbliche amministrazioni centrali, ma che poi, nel corso del suo iter formativo, è stata estesa anche alle pubbliche amministrazioni regionali e locali, nonché ad altri soggetti, anche aventi natura privata, che svolgono funzioni d’interesse pubblico.

L’ambito soggettivo di applicazione della normativa sulla trasparenza

Ai fini del decreto, per “pubbliche amministrazioni” si intendono tutte le amministrazioni indicate all’art. 1, comma 2 del D.lgs. 165/2001, le autorità portuali e le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.

L’art. 2-bis del decreto, aggiunto nel 2016, ha inoltre stabilito che la medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni si applica anche, in quanto compatibile:

  1. agli enti pubblici economici (ade esempio: ENI, IRI, ENEL, ecc.) e agli ordini professionali;
  2. alle società in controllo pubblico, come definite dall’art. 2, comma 1, lettera m) del D.lgs. 175/2016, con esclusione delle società quotate e le società da esse partecipate;
  3. alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a 500.000 euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni;
  4. alle società in partecipazione pubblica (quindi, non controllate, ma solo partecipate dalle pubbliche amministrazioni), alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a 500.000 euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea.

La disciplina vigente per gli enti di diritto privato

Proviamo adesso a concentrare la nostra attenzione sugli “enti di diritto privato”.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) è intervenuta sul tema dell’anticorruzione e della trasparenza con specifiche linee guida, che sono state approvate con la Delibera n. 1134 dell’08/11/2017 e che distinguono gli “enti di diritto privato” in:

  1. enti di diritto privato in controllo pubblico, che sono soggetti alle regole della trasparenza sia con riferimento alla loro organizzazione, che alle attività svolte;
  2. enti di diritto privato non in controllo pubblico, che sono tenuti a rispettare la disciplina sulla trasparenza solo relativamente alle attività di pubblico interesse svolte e sono esclusi dall’ambito di applicazione delle misure di prevenzione della corruzione, diverse dalla trasparenza.

Le regole per gli enti di diritto privato in controllo pubblico

Relativamente agli enti di diritto privato in controllo pubblico, il legislatore ha individuato tre diversi requisiti, che devono sussistere contemporaneamente per configurare il controllo:

  1. bilancio superiore a 500.000 euro: il parametro si intende verificato positivamente se il totale dell’attivo patrimoniale o il totale del valore della produzione assume un valore superiore a 500.000 euro;
  2. finanziamento pubblico maggioritario, per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio: per la verifica di questo parametro è necessario fare riferimento al rapporto fra contributi pubblici percepiti e valore della produzione; rientrano nel concetto di contributi pubblici anche i corrispettivi per prestazioni di servizi o forniture alla pubblica amministrazione e quelli per l’erogazione di servizi pubblici;
  3. designazione della totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo da parte di pubbliche amministrazioni.

Questi enti sono tenuti a rispettare integralmente la disciplina sulla trasparenza amministrativa, sia con riferimento alla loro organizzazione, che alle attività svolte.

Le regole per gli enti di diritto privato privi del controllo pubblico

Per gli enti di diritto privato che non sono soggetti al controllo pubblico, l’ANAC nelle richiamate linee guida ha affermato che un soggetto, anche interamente privato, è soggetto alla disciplina sulla trasparenza sulle sole attività svolte (e non anche sulla sua organizzazione) se soddisfa contemporaneamente i seguenti requisiti:

  1. presenza di un bilancio superiore a 500.000 euro;
  2. svolgimento di attività amministrative o di produzione di beni e servizi a beneficio di pubbliche amministrazioni (strumentali al perseguimento delle loro finalità istituzionali) o gestione di servizi pubblici (sia di interesse generale, che di interesse economico generale).

Nel caso in cui le due condizioni siano entrambe soddisfatte, l’ente privato, ancorché non in controllo pubblico, è tenuto a pubblicare i dati e le informazioni previste nell’allegato 1 alla Delibera n. 1134/2017 dell’ANAC, limitatamente alle sole attività d’interesse pubblico svolte.

Si tratta di poche informazioni afferenti alle attività procedimentali, alle sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici, ai bilanci dell’ente, ai servizi erogati, all’accesso civico, ai bandi di gare e contratti (solo se l’ente è una stazione appaltante) e alle opere pubbliche (solo se realizzate).

Conclusioni

Per comprendere quali siano gli obblighi in materia di trasparenza per un ente di diritto privato è quindi necessario partire dall’analisi della presenza o meno del controllo pubblico, per poi passare all’analisi dei dati di bilancio e delle attività d’interesse pubblico effettivamente svolte. In questo modo sarà possibile stabilire se l’ente di diritto privato di nostro interesse è tenuto a rispettare la disciplina sulla trasparenza amministrativa in misura piena o solo parzialmente.  

Resta comunque fermo per tutti gli enti l’onere dell’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di trasparenza, secondo la nuova procedura prevista dalla delibera ANAC n. 203 del 17/05/2023.

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