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DSC_0762 rielabIl Commissario straordinario alla “spending review” Prof. Carlo Cottarelli, era stato incaricato di predispone entro il 31/7/2014 un programma di razionalizzazione delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle Amministrazioni locali incluse nell’elenco ISTAT, che dovrà essere reso esecutivo attraverso l’approvazione di specifiche disposizioni da inserire nella prossima Legge di Stabilità. In particolare, il programma avrebbe dovuto individuare specifiche misure: a) per la liquidazione o trasformazione per fusione o incorporazione di tali organismi, in funzione delle dimensioni e degli ambiti ottimali per lo svolgimento delle rispettive attività; b) per l’efficientamento della loro gestione, anche attraverso la comparazione con altri operatori che operano a livello nazionale e internazionale; c) per la cessione di rami d’azienda o anche di personale ad altre società anche a capitale privato con il trasferimento di funzioni e attività di servizi.

Il programma reso pubblico all’inizio del mese di agosto 2014, contiene un’analisi interessante della situazione degli organismi partecipati dagli Enti locali, ma poche soluzioni veramente efficaci per giungere entro breve tempo alla riduzione del loro numero e, soprattutto, per contenere gli effetti negativi che la liquidazione delle società partecipate potrà avere sugli attuali livelli occupazionali.

In estrema sintesi, i suggerimenti del Commissario Cottarelli si concentrano soprattutto sui seguenti punti:

  • i futuri vincoli alla creazione di nuovi organismi partecipati dovrebbero essere più stringenti rispetto a quelli sulle partecipate già esistenti, almeno in termini di tempistica di implementazione;
  • è necessario definire un elenco di settori di attività per i quali il requisito di “stretta necessarietà” per il conseguimento degli obiettivi istituzionali di un ente locale, previsto all’art. 3 comma 27 della L. 244/2007, sia sempre verificato (in automatico), essendo sufficiente che l’organismo partecipato svolga una o più delle attività previste nell’elenco; per le attività in esso non previste, invece, la valutazione in merito alla sussistenza del requisito dovrebbe essere affidata all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (A.G.C.M.), con conseguente obbligo di dismissione della partecipazione in caso di esito negativo della verifica;
  • drastica riduzione della possibilità di effettuare affidamenti in house; previsione questa che è destinata a scontrarsi frontalmente con la giurisprudenza comunitaria e con la recente Direttiva 2014/24/UE del 26/02/2014 sugli appalti pubblici (si ricorda che tutti i tentativi effettuati in questa direzione in anni passati sono stati censurati dalla Corte Costituzionale o rimossi dallo stesso legislatore);
  • accorciamento del periodo transitorio di entrata a regime della disposizione di cui all’art. 1 commi 550-552 della Legge di Stabilità 2014, secondo le quali gli Enti locali soci sono obbligati ad accantonare nell’anno successivo, in apposito fondo vincolato, un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla loro quota di partecipazione, delle aziende speciali, istituzioni o società che chiudono l’esercizio con un risultato d’esercizio o un saldo finanziario negativo (è previsto che la disposizione entri a pieno regime solo dal 2017);
  • maggiori limitazioni alla possibilità di detenere partecipazioni indirette, che trova la sua ragione nel fatto che, in assenza di un potere di intervento diretto e di minori poteri di governance, i rischi per la finanza pubblica sono più elevati; tali limitazioni potrebbero essere attuate mediante un rafforzamento del vincolo previsto dall’art. 13 del D.L. 223/2006 (il c.d. “Decreto Bersani”), che vieta la detenzione di partecipate per gli organismi strumentali, estendendo il divieto almeno ai servizi pubblici privi di rilevanza economica e prevedendo la partecipazione indiretta solo nel caso in cui la controllata di secondo livello abbia un forte legame gestionale con la partecipata diretta;
  • maggiori limitazioni alla detenzione di partecipazioni da parte dei piccoli Comuni, ammettendo la possibilità di partecipazioni in forma aggregata solo nei casi in cui la popolazione totale dei Comuni raggiunga una certa soglia o, in casi eccezionali, previa specifica autorizzazione;
  • cessione delle c.d. “micro-partecipazioni”, cioè di partecipazioni largamente minoritarie in società essenzialmente private, nelle quali la presenza dell’Amministrazione Pubblica risulta difficile da giustificare in termini di rilevanza nel perseguimento di interessi generali, e introduzione di un divieto di partecipare in società in cui il pubblico, nel suo complesso, non raggiunga almeno una quota del 10 – 20%;
  • messa in liquidazione delle c.d. “scatole vuote”, cioè di quegli organismi che al 31/12/2013 avevano dimensioni ridotte in termini di fatturato e/o di dipendenti;
  • disincentivi al mantenimento di partecipazioni in società in perdita sistemica, come disincentivi economici agli amministratori, revoca degli stessi, messa in liquidazione obbligatoria dell’organismo o cessione obbligatoria in caso di partecipazione non maggioritaria;
  • definizione di un preciso cronoprogramma per l’introduzione di criteri di benchmarking, che porti alla definizione di costi e rendimenti standard;
  • necessità di avviare processi di aggregazione degli organismi (quindi, meno organismi, ma di dimensioni maggiori di quelle attuali), da incentivare attraverso l’affidamento dei servizi su aree territoriali di estensione abbastanza ampie da renderne non accessibile l’offerta a micro-aziende;
  • ulteriore limitazione dei compensi degli amministratori e valorizzazione degli elementi di competenza e indipendenza nella scelta degli amministratori;
  • previsione che gli statuti degli organismi partecipati fissino per gli amministratori con deleghe un limite al cumulo delle cariche (in società pubbliche e private), in ragione della necessità di tempi minimi per lo svolgimento dell’incarico;
  • estensione alle partecipate locali del divieto di erogazione di gettoni di presenza, oggi applicato alle società controllate dallo Stato;
  • estensione alle partecipate locali della disciplina applicata agli amministratori delle società controllate dal MEF, che impone tetti differenziati per fasce di retribuzioni, da individuare tenendo conto del valore della produzione, degli investimenti e del numero dei dipendenti, nel limite massimo rappresentato dalla retribuzione del Primo Presidente della Corte di Cassazione;
  • definire le regole per collegare la componente variabile dei compensi degli amministratori a indicatori di performance predeterminati, chiari e riscontrabili, prevedendo, come oggi già previsto per le società controllate dal MEF, un rapporto minimo del 30% e massimo del 50% tra la componente variabile e quella fissa della retribuzione;
  • prevedere il divieto di inserite clausole contrattuali che prevedano al momento della cessazione della carica la corresponsione di benefici economici;
  • prevedere che il compenso dei componenti del Collegio Sindacale sia predeterminato ex ante dall’Assemblea in misura fissa e onnicomprensiva, escludendo, ad esempio, gettoni di presenza o rinvii a tariffari;
  • introduzione di un tetto specifico alla remunerazione dei dirigenti apicali degli organismi partecipati; in particolare, il trattamento economico dei dirigenti, dei direttori generali o comunque degli amministratori con funzioni apicali e gestionali non dovrebbe comunque superare il trattamento economico del Segretario Generale dell’Amministrazione locale di maggioranza ovvero del Direttore Generale della stessa, qualora istituito;
  • necessità di redigere un testo unico sulle partecipate locali che raccolga e renda più facilmente interpretabile la complessa normativa che si è accavallata negli anni e che, fra l’altro, chiarisca il significato di termini quali “servizio pubblico locale” o “partecipata strumentale” che sono usati nella normativa senza mai essere stati definiti chiaramente;
  • esclusione dai vincoli del Patto di Stabilità interno delle entrate provenienti dalle dismissioni degli organismi partecipati e delle spese in conto capitale sostenute a valere su queste risorse, in modo da incentivare la dismissioni delle partecipazioni non strategiche;
  • creazione di un fondo che rimborsi gli enti partecipanti per il versamento dell’IVA (gli effetti sulla finanza pubblica sarebbero nulli) sul valore degli immobili ceduti o trasferiti in seguito ad eventuali retrocessione o assegnazioni di beni alle Amministrazioni pubbliche socie.