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Entro il prossimo 30 settembre tutte le Amministrazioni pubbliche sono chiamate ad effettuare la revisione straordinaria delle partecipazioni societarie possedute alla data del 23 settembre 2016, cioè alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 175/2016 (il c.d. “Testo unico delle società a partecipazione pubblica”).

L’art. 24 del suddetto decreto stabilisce che la revisione straordinaria dovrà essere disposta con provvedimento motivato ed avrà ad oggetto sia le partecipazioni detenute direttamente (partecipazioni dirette), che quelle detenute per il tramite di altre società (partecipazioni indirette), anche se acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali. La revisione straordinaria deve essere effettuata da ogni Amministrazione pubblica in ogni caso, anche per partecipazioni di modesta entità e anche nel caso di assenza di partecipazioni (il provvedimento si limiterà ad attestare tale circostanza).

Per le partecipazioni indirette, sia la Corte dei Conti (Sezione Autonomie, deliberazione n. 19/2017), che il M.E.F. (“Istruzioni per la comunicazione della revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche”) hanno avuto modo di precisare che sono soggette a revisione straordinaria solo le partecipazioni indirette detenute attraverso una tramite – società o organismo – controllata, anche indirettamente, dall’Amministrazione pubblica, ai sensi dell’art. 2, comma 1, let. g) del D.Lgs. 175/2016.

Saranno oggetto di revisione obbligatoria solo le partecipazioni in società, anche consortili e cooperative, mentre potranno essere escluse dalla revisione le partecipazioni in organismi costituiti in forma diversa (consorzi, aziende speciali, istituzioni, associazioni, fondazioni, ecc.). Infatti, l’art. 1, comma 1 del D.Lgs. 175/2016 stabilisce che le disposizioni del decreto hanno ad oggetto la costituzione da parte delle Amministrazioni pubbliche di “società”, nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali Amministrazioni in “società” a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta.

In ogni caso, nulla vieta di inserire nella razionalizzazione straordinaria anche le partecipazioni in organismi diversi da quelli societari; anzi, una simile ipotesi è sicuramente più aderente alla tendenza in atto, caratterizzata da una forte spinta alla riduzione e razionalizzazione degli organismi partecipati dalla PA.

In merito alla competenza ad adottare il provvedimento motivato di razionalizzazione straordinaria sembra preferibile, proprio per il carattere strategico della decisione, che questa sia rimessa al Consiglio dell’ente, nell’ambito delle proprie funzioni di indirizzo che gli sono riconosciuti dall’art. 42 del TUEL. La decisione dovrà comunque essere supportata da un’adeguata analisi tecnica delle singole società partecipate, che dovrà essere effettuata dall’Ufficio preposto al coordinamento e al controllo delle stesse.

Per quanto attiene al parere dell’organo di revisione economico-finanziaria, l’art. 24 del D.Lgs. 175/2016 non prevede niente in proposito. Tale parere potrebbe rientrare fra quelli previsti all’art. 239, comma 1, let. b), numero 3 del T.U.E.L. (modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni); alcuni autori sostengono che il parere sia necessario solo qualora il provvedimento di revisione straordinaria preveda interventi di razionalizzazione che implicano la modifica delle modalità di gestione dei servizi (come, per esempio, nel caso di reinternalizzazione di un servizio).

Il provvedimento dovrà stabilire quali partecipazioni dovranno essere alienate, quali società dovranno essere inserite in un piano di riassetto, che porti alla loro razionalizzazione (anche mediante fusione con altre realtà analoghe), ovvero, quali società dovranno essere sciolte e messe in liquidazione. Niente vieta, sussistendone le condizioni, che il provvedimento confermi il mantenimento dello status quo.

Dovranno comunque essere oggetto di cessione, di riassetto o di scioglimento, le società che:

  1. non sono più strettamente necessarie al perseguimento delle finalità istituzionali dell’Amministrazione pubblica;
  2. svolgono attività diverse da quelle consentire dall’art. 4, comma 2 del D.Lgs. 175/2016;
  3. non soddisfano i requisiti di cui all’art. 5, commi 1 e 2 (non sono convenienti dal punto di vista economico, non sono sostenibili dal punto di vista finanziario, sono incompatibili con i princìpi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, sono incompatibili con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese);
  4. ricadono in una delle ipotesi di cui all’art. 20, comma 2 del D.Lgs. 175/2016.

Non potranno essere adottati comportamenti generalizzati, ma dovrà essere effettuata un’analisi puntuale di ogni singola partecipazione. Per le partecipazioni di controllo l’Amministrazione pubblica potrà optare per ogni tipo di soluzione (alienazione, riassetto o scioglimento), mentre per le partecipazioni non di controllo potrà optare autonomamente per la sola cessione; la scelta del riassetto della società o il suo scioglimento necessitano infatti di maggioranze assembleari qualificate, che renderebbero priva di effetti concreti la deliberazione assunta in tal senso dalla singola Amministrazione, senza la preventiva intesa con gli altri soci.

In merito alle ipotesi indicate all’art. 20, comma 2 sopra citato, si ricorda che rappresentano presupposti per l’inserimento delle partecipazioni societarie in piani di razionalizzazione:

  • lo svolgimento da parte della società di attività che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all’art. 4 del T.U.;
  • non avere personale dipendente o avere un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
  • svolgere un’attività analoga o similare a quella svolta da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;
  • avere conseguito un fatturato medio nell’ultimo triennio non superiore a 500 mila Euro (1 milione di Euro a partire dal 2020).

Parte della dottrina ha recentemente sostenuto che il verificarsi di uno o più dei suddetti presupposti non implica automaticamente l’obbligo di alienare la partecipazione o di sciogliere la società; le Amministrazioni pubbliche hanno la possibilità di dimostrare che la partecipazione è comunque utile e necessaria al perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Ciò, in forza del principio di buon andamento dell’amministrazione riconosciuto dall’art. 97 della Costituzione e, per gli Enti locali, dell’autonomia organizzativa riconosciuta dal TUEL.

Le informazioni degli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni devono essere resi disponibili alla struttura di monitoraggio, indirizzo e coordinamento del M.E.F. e alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei Conti. Ai sensi dell’art. 17, comma 4, del D.L. 90/2014, l’esito della revisione deve essere comunicato per via telematica al Dipartimento del Tesoro attraverso il caricamento delle informazioni nell’applicativo “Partecipazioni”. Per ogni società partecipata, sia direttamente che indirettamente, dovranno essere comunicati: dati anagrafici, settore di attività, tipologia e quota di partecipazione, dati di bilancio, numero medio dei dipendenti e costo del personale, numero e compenso degli amministratori e dell’organo di controllo, le motivazioni del mantenimento/razionalizzazione della partecipazione, le eventuali modalità di razionalizzazione ed i tempi previsti. La comunicazione deve essere fatta anche in caso di mancata detenzione di partecipazioni.

Non sono previste sanzioni pecuniarie in caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo, ovvero, di mancata alienazione entro un anno delle partecipazioni; tuttavia, in tal caso, l’Amministrazione pubblica interessata non potrà esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima dovrà essere liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all’art. 2437-ter, comma 2, seguendo il procedimento di cui all’art. 2437-quater del codice civile. Il Presidente dell’Assemblea avrà quindi in futuro l’onere di verificare, prima dell’inizio di ogni seduta assembleare convocata dopo il 30 settembre 2017, se le Amministrazioni pubbliche socie abbiano o meno adottato il provvedimento di revisione straordinaria delle partecipazioni. La sanzione sembra però avere natura temporanea: l’adozione, anche in ritardo, dell’atto di revisione straordinaria delle partecipazioni, infatti, riattiverebbe la capacità dell’Amministrazione pubblica interessata di esercitare i propri diritti (almeno questo è il parere espresso dall’Anci e da Utilitalia in una nota congiunta del 13 settembre scorso).

Infine, è da segnalare che il provvedimento adottato costituisce aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione adottato ai sensi del comma 612 della Legge 190/2014. Tuttavia, come ha recentemente rilevato la sezione regionale di controllo per la Lombardia (deliberazione n. 21 del 9 febbraio 2017), l’art. 24 non individua un “nuovo orizzonte temporale” per la razionalizzazione ex lege 190/2014, ma apre una nuova ed autonoma valutazione, che deve concludersi con un provvedimento motivato di ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 175/2016, quindi con una nuova individuazione di quelle che devono essere eventualmente alienate.

(aggiornato al 18/09/2017)