Il Decreto Legislativo di riforma del Codice dei Contratti pubblici varato dal Consiglio dei Ministri del 3 marzo scorso, ora in attesa dei pareri obbligatori, contiene anche il recepimento della nuova disciplina in materia di “in house providing” dettata dalle Direttive UE nn. 23, 24 e 25 del 2014 in materia di concessioni e appalti dei settori ordinari e speciali.
Fatte salve le possibili modifiche a cui il testo del decreto potrà essere ancora soggetto, il nuovo Codice introduce diverse novità anche in tema di affidamenti diretti.
L’art. 5 del decreto, recependo i presupposti elaborati nel corso degli anni dalla giurisprudenza comunitaria in materia di affidamenti diretti e i princìpi contenuti nelle citate Direttive, prevede che le concessioni o gli appalti pubblici, nei settori ordinari o speciali, aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientrano nell’ambito di applicazione del nuovo codice dei contratti pubblici quando sono soddisfatte tutte (contemporaneamente) le seguenti condizioni:
- un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi: ai sensi del comma 2 dell’art. 5 sussiste “controllo analogo” qualora l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore eserciti sulla persona giuridica affidataria “in house” un’influenza determinante, sia sugli obiettivi strategici, che sulle decisioni significative. Il “controllo analogo” può essere anche esercitato da una persona giuridica diversa dall’amministrazione aggiudicatrice, a sua volta controllata da quest’ultima (il c.d. “controllo analogo indiretto”);
- oltre l’80% dell’attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da un ente aggiudicatore, nonché da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice; ai sensi del comma 7, per determinare tale percentuale, deve essere fatto riferimento, di norma, al fatturato totale medio per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione. Questa previsione dovrebbe finalmente porre fine alla consolidata prassi nazionale, secondo la quale le società beneficiarie di affidamenti “in house” sono state finora costrette a svolgere la propria attività “esclusivamente” a beneficio dell’amministrazione aggiudicatrice, rinunciando a tutti i vantaggi economici che potrebbero derivare dall’erogazione di prestazioni, anche in misura marginale, ad altre amministrazioni pubbliche non socie. Fra l’altro, tale prassi ha finora indotto molte amministrazioni pubbliche ad acquistare partecipazioni societarie di modestissima entità, al solo fine di poter legittimamente effettuare affidamenti diretti a società pubbliche di loro fiducia. Innovativa appare anche la previsione che consentirà in futuro di erogare prestazioni non solo all’amministrazione controllante, ma anche all’amministrazione che controlla quest’ultima;
- nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione che non comportano controllo o potere di veto e che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata. Si tratta forse della previsione più innovativa contenuta nelle direttive del 2014, che in futuro dovrebbe permettere alle società “in house” di allargare la compagine sociale anche a soggetti privati che, tuttavia, al fine di non pregiudicare la legittimità degli affidamenti, potranno ricoprire solo il ruolo di meri soci finanziatori, senza alcuna ingerenza nelle scelte strategiche e gestionali.
Tutti e tre i suddetti requisiti, già più volte affermati dalla giurisprudenza comunitaria a partire dalla famosa sentenza Teckal del 18/11/1999, trovano adesso espressa previsione in una specifica norma di diritto interno.
Controllo congiunto
I commi 4 e 5 dell’art. 5 del nuovo Codice dei contratti pubblici prevedono che il controllo analogo sussiste anche quando le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori esercitano tale controllo in forma congiunta. Si ricorda che sul tema del “controllo congiunto”, anch’esso previsto dalla Direttive UE nn. 23, 24 e 25 del 2014, si era già più volte espresso anche il Consiglio di Stato (sentenze nn. 1365/2009, 5082/2009, 7092/2010, 1447/2011, 1801/2014), sostenendo che il controllo analogo è assicurato anche se non viene esercitato individualmente da ciascun socio, purché tale controllo sia effettivo e i soci pubblici agiscano unitariamente. Secondo il nuovo Codice dei contratti pubblici si ha “controllo congiunto” quanto vengono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:
- gli organi decisionali della persona giuridica controllata (beneficiaria dell’affidamento diretto) sono composti dai rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti al suo capitale. Tuttavia, è previsto che i singoli rappresentanti possano rappresentare anche varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti; pertanto, nelle società partecipate da un numero elevato di soci pubblici, non sarà necessario prevedere un consigliere di amministrazione per ciascun socio (circostanza che non risulta neppure possibile, in forza del fatto che in tali società i consigli di amministrazione possono essere composti al massimo da 3 o 5 membri), ma sarà sufficiente che ciascun amministratore sia espressione di più soci;
- le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori esercitano congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica (per esempio, approvandone gli atti di programmazione annuale o pluriennale);
- la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti.
Affidamenti diretti fra amministrazioni aggiudicatrici
Il comma 3 dell’art. 5 del nuovo codice dei contratti pubblici affronta il tema degli affidamenti diretti fra amministrazioni pubbliche aggiudicatrici o enti aggiudicatori, prevedendo che la disciplina in esso contenuta non trova applicazione nel caso in cui una persona giuridica controllata aggiudichi un appalto o una concessione alla propria amministrazione controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla stessa amministrazione. Anche in questo caso, la condizione necessaria perché si possa legittimamente procedere all’affidamento diretto è rappresentata dall’assenza di soci privati nella persona giuridica beneficiaria dell’appalto pubblico, ovvero, qualora vi sia la partecipazione di soci privati, che questi non esercitino il controllo, poteri di veto o influenza determinante sul soggetto affidatario diretto.
Esemplificando, se l’amministrazione aggiudicatrice A controlla le amministrazioni aggiudicatrici B e C, è consentito all’amministrazione aggiudicatrice B effettuare affidamenti diretti sia all’amministrazione aggiudicatrice A (controllante) che all’amministrazione aggiudicatrice C (controllata dalla controllante), a condizione che nell’amministrazione beneficiaria (A o C) non ci siano soci privati in grado di esercitare controllo, poteri di veto o influenza determinante.
Accordi conclusi fra due o più amministrazioni aggiudicatrici
Il comma 6 dell’art. 5 del nuovo codice dei contratti pubblici disciplina invece gli accordi conclusi esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici, che non rientrano nell’ambito di applicazione di tale codice se vengono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:
- l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune;
- l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico;
- le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione (ciò, al fine di non ledere la concorrenza e il mercato). Ai sensi del comma 7 dello stesso articolo, per determinare tale percentuale, di norma, deve essere fatto riferimento al fatturato totale medio per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione.
Il regime speciale degli affidamenti “in house”
L’art. 192 del nuovo Codice dei contratti pubblici prevede anche l’istituzione presso l’ANAC dell’elenco delle stazioni appaltanti che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società “in house”. L’iscrizione in tale elenco dovrà avvenire secondo le modalità e i criteri che verranno definiti dall’ANAC e consentirà di procedere mediante affidamenti diretti dei contratti.
Tuttavia, per poter legittimamente affidare un contratto con modalità “in house”, avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza (così come già previsto all’art. 1 comma 553 Legge di Stabilità 2014 per i soli servizi strumentali), le stazioni appaltanti dovranno effettuare preventivamente una valutazione della congruità economica dell’offerta formulata del soggetto “in house”, avendo riguardo all’oggetto e al valore della prestazione. Inoltre, nelle motivazioni del provvedimento di affidamento dovrà essere dato conto:
- delle ragioni del mancato ricorso al mercato;
- dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.
Dal tenore letterale della norma, sembra quindi chiaro che il confronto dell’offerta presentata dall’aggiudicatario diretto con i prezzi di mercato è condizione di legittimità dell’affidamento, ma, ovviamente, solo nel caso in cui questo abbia ad oggetto prestazioni che possono essere erogate da operatori privati in regime di concorrenza.
Tutti gli atti afferenti gli affidamenti diretti dovranno essere pubblicati nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito internet istituzionale, in conformità alle disposizioni del D.Lgs. 33/2013.