Spesso gli operatori economici vengono a trovarsi nella necessità di avvalersi di personale qualificato per la realizzazione di progetti che coinvolgono più imprenditori, senza però che sussistano le condizioni per incrementare in modo permanente la propria dotazione organica.

In questi casi, oltre al ricorso alle varie forme di lavoro flessibile previste dall’ordinamento giuridico, che però difficilmente garantiscono la disponibilità di personale qualificato e formato per le specifiche esigenze del progetto da realizzare, gli operatori economici hanno la possibilità di:

– stipulare contratti di service con altri soggetti, oppure

– di ricorrere all’istituto del distacco di personale, qualora sia presente un interesse comune fra gli operatori economici chiamati a realizzare il progetto.

Quali sono le caratteristiche del contratto di service?

In questo tipo di rapporto l’operatore economico appaltata a terzi la realizzazione di una o più fasi del progetto. Il rapporto viene regolato da un contratto, che descrive le prestazioni che l’appaltatore si impegna ad erogare all’appaltante – utilizzando il proprio personale – e regola tutti i termini del rapporto, compreso il corrispettivo riconosciuto per le prestazioni e le modalità di pagamento. Si tratta di un rapporto a prestazioni corrispettive soggetto ad IVA.

Qualora la collaborazione dovesse diventare frequente può essere utile sottoscrivere fra l’appaltante e l’appaltatore un “contratto quadro”, che regolerà gli elementi principali del rapporto, rimandando allo scambio di corrispondenza commerciale la definizione dei dettagli delle singole prestazioni (per esempio, attraverso messaggi di posta elettronica certificata).

Quando è possibile ricorrere al “distacco di personale”?

L’art. 30 del D.lgs. 276/2003 (la c.d. “Legge Biagi”) prevede che il “distacco” si configura quando un datore di lavoro (il distaccante), per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto (il distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. In tal caso, il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore distaccato.

Dal punto di vista civilistico, quindi, il distacco è ritenuto legittimo quando viene posto in essere per il raggiungimento di un interesse produttivo del distaccante, diverso da quello della mera somministrazione del personale previsto dall’art. 26-bis della Legge 196/1997; nel caso in cui il distaccante e il distaccatario facciano parte della stessa rete d’impresa, l’interesse del distaccante è presunto e non deve essere provato.

Inoltre:

– il distacco deve essere sempre a tempo determinato;

– devono rimanere a carico del distaccante il potere di determinare la cessazione del distacco, il trattamento economico e normativo in favore del lavoratore distaccato e l’obbligo dei versamenti dei contributi e dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali;

– se il distacco comporta un mutamento delle mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato;

– se il distacco implica il trasferimento del lavoratore in una sede di lavoro situata a più di 50 km da quella originaria, lo stesso può avvenire solo per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

Dal punto di vista fiscale, invece, l’art. 8, comma 35, della Legge 67/88 stabilisce che “Non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo.”.

Pertanto, il distacco del personale che prevede solo il rimborso del costo da parte del distaccatario, senza alcuna aggiunta di altri corrispettivi, non assume rilevanza ai fini IVA (si tratta quindi di un’operazione “fuori campo IVA”), a condizione che:

– fra il personale distaccato e l’azienda distaccante esista un rapporto di lavoro dipendente;

– l’organizzazione dell’attività lavorativa del personale distaccato e la direzione e l’esercizio dei poteri gerarchici siano esercitati dal distaccatario (in caso contrario, anche il rimborso del puro costo del distacco è stato considerato idoneo a configurare una prestazione di servizi soggetta ad IVA);

– nel contratto di distacco non siano previsti altri accordi di diversa natura fra le parti;

– venga esposto in fattura solo il costo puro e semplice del personale distaccato, comprensivo della retribuzione e degli oneri previdenziali e assistenziali (il riaddebito di somme superiori o inferiori al costo, porterebbe all’obbligo di assoggettare ad IVA l’intero importo).

Tuttavia, su questi aspetti nel 2020 è intervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che con la sentenza n. C-94/19 dell’11-03-2020, ha sostenuto che il distacco del personale può essere idoneo a costituire una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso, quindi rilevante ai fini IVA, qualora sia dimostrata l’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra le parti e la presenza di un nesso diretto tra il servizio reso ed il corrispettivo ricevuto. Inoltre, la Corte ha sostenuto che per capire se la prestazione sia onerosa o meno, non assume rilevanza l’ammontare del corrispettivo pattuito, che quindi può essere stabilito in misura pari, superiore o inferiore al rimborso del costo. Secondo la Corte, quindi, il distacco del personale si configurerebbe come operazione imponibile IVA soltanto quando fra distaccante e il distaccatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, e il compenso ricevuto dal distaccante costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al distaccatario, circostanza che si verifica quando sussiste un nesso diretto tra il servizio reso e il corrispettivo ricevuto.

Sulla base del principio secondo cui le sentenze della Corte di Giustizia consentono ai giudici nazionali di disapplicare le norme dichiarate non conformi alle direttive Ue, la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5609 del 02-03-2021 ha aderito alla interpretazione europea, disapplicando, con effetto ex tunc (quindi, retroattivamente), la disposizione prevista all’art. 8 della Legge 67/88.

Tuttavia, di recente:

– con l’ordinanza n. 5615 del 2021 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha confermato che, ai sensi dell’art. 8, comma 35, della Legge 67/88, il rimborso del costo del personale dipendente di una società, distaccato presso un’altra, non è assoggettato ad IVA soltanto se la controprestazione del distaccatario consista nel rimborso di una somma pari alle retribuzioni ed agli altri oneri previdenziali e contrattuali gravanti sul distaccante;

– la Cassazione, con sentenza n. 11633 del 02-02-2022, ha implicitamente confermato applicabilità della “esclusione dall’Iva” ed ha addirittura sanzionato il distaccatario per essersi detratto l’IVA esposta sulle fatture del distaccante che si era conformato alla sentenza n. C-94/19 dell’11-03-2020 della Corte di Giustizia europea. Quindi, anche l’adozione di un approccio “prudenziale” in cui si tende ad assoggettare ad IVA il rimborso del costo del personale può avere effetti molto negativi.