(ultimo aggiornamento 02/02/2021)
SINTESI
- dal 1990 fino alla metà del 2006: spinta legislativa che ha favorito la costituzione di società e altri organismi di diritto privato da parte delle Amministrazioni pubbliche;
- dalla metà del 2006: l’entrata in vigore dell’art. 13 del D.L. 223/2006 (c.d. “Decreto Bersani”) ha dato avvio ad una nuova fase caratterizzata da interventi legislativi mirati da un lato a limitare la partecipazione delle Amministrazioni pubbliche al capitale delle società e, dall’altro, a limitare l’operatività delle stesse società.
L’atteggiamento del legislatore italiano nei confronti degli organismi partecipati dalle Amministrazioni pubbliche, e in particolare dagli Enti locali, non è stato costante nel tempo, ma ha conosciuto storicamente una prima fase, compresa il 1990 e la metà del 2006, in cui il legislatore ha spinto le Amministrazioni pubbliche ad utilizzare gli strumenti messi degli imprenditori privati dal diritto civile (in primis, quelli rappresentati dalle società commerciali, soprattutto S.p.a. e S.r.l., dalle società consortili e dai consorzi) per lo svolgimento delle loro funzioni istituzionali. Si pensi, a titolo di esempio, all’art. 22 della Legge 142/1990, che prevedeva che i Comuni e le Province potevano gestire i servizi pubblici locali mediante società per azioni a prevalente capitale pubblico locale.
A questa prima fase è seguito un nuovo periodo, iniziato con l’approvazione dell’art. 13 del D.L. 223/2006 (c.d. Decreto Bersani), con cui sono stati introdotti nel nostro ordinamento una serie di paletti che hanno limitato, da un lato, la possibilità per le Amministrazioni pubbliche di acquisire e mantenere partecipazioni in società e altri organismi partecipati e, dall’altro, l’operatività delle stesse società che svolgevano attività strumentali a beneficio delle Amministrazioni pubbliche socie, con il dichiarato obiettivo della tutela della concorrenza e dei mercati.
Dal 2006 al 2016 si sono susseguiti continui provvedimenti legislativi, spesso non coordinati fra di loro, che hanno portato ad un caos normativo che ha creato molte difficoltà interpretative per gli addetti ai lavori, dal quale sono riusciti a districarsi non senza difficoltà.
Con l’approvazione della c.d. “Riforma Madia” (Legge 124/2015) e la conseguente approvazione del D.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” (decreto attuativo della Riforma), le cui disposizioni verranno trattate ampiamente in seguito, abbiamo assistito ad una semplificazione e razionalizzazione della normativa di riferimento per le società a controllo pubblico.
Invece, per quanto riguarda gli organismi costituiti in forma diversa da quella societaria (fondazioni, consorzi, aziende speciali, associazioni, ecc.) la situazione è rimasta pressoché invariata, in quanto il D.lgs. 175/2016, per espressa previsione contenuta all’art. 1, preevede che restano ferme le disposizioni di legge riguardanti la partecipazione di Amministrazioni pubbliche a enti associativi diversi dalle società.
Si rileva comunque la tendenza da parte della giurisprudenza amministrativa ad applicare agli enti associativi diversi dalle società i princìpi stabiliti dal D.lgs. 175/2016, in tutti quei casi in cui siano assenti di norme specifiche.