LE DIRETTIVE EUROPEE

Il 26/02/2014 sono state approvate le nuove Direttive del Parlamento europeo e del Consiglio:

  • Direttiva 2014/24/UE relativa agli appalti dei settori ordinari
  • Direttiva 2014/25/UE relativa agli appalti nei settori speciali (acqua, energia, trasporti, servizi postali)
  • Direttiva 2014/23/UE relativa all’aggiudicazione dei contratti di concessione

Tali direttive introducono diverse novità in materia di “in house” e dovranno essere recepite dal legislatore nazionale entro il 18/04/2016.

Tuttavia, secondo la Sezione II del Consiglio di Stato – Sez. II (parere n. 298/2015 indirizzato al Ministero dell’Istruzione) tali direttive sarebbero “self executing, in quanto le stesse presentano un contenuto “incondizionato e preciso” che conferiscono loro quelle caratteristiche di “compiutezza” che, di fatto rendono superflua l’attesa del loro recepimento (Cassazione – Sezioni Riunite nella sentenza n. 13676/2014).

Tuttavia, le Sezioni V e VI del Consiglio di Stato si sono espresse in senso contrario, ritenendo necessario il recepimento delle direttive nell’ordinamento interno prima della loro concreta utilizzazione. La motivazione risiede nel fatto che il legislatore comunitario ha attribuito ai legislatori nazionali una sfera di discrezionalità nell’individuazione dei tempi di attuazione e, soprattutto, per realizzare il necessario coordinamento con la normativa interna (vedi Consiglio di Stato – Sez. VI, pronuncia n. 2660 del 26/5/2015 e Consiglio di Stato – Sez. V, sentenza n. 4253 dell’11/9/2015).

 

IL REQUISITO DEL CAPITALE INTERAMENTE PUBBLICO

L’art. 12 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti dei settori ordinari (in senso analogo anche quella dei settori speciali e delle concessioni) prevede che la condizione del capitale pubblico sia soddisfatta, non solo quando non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ma anche, in via eccezionale, quando ci troviamo in presenza di forme di partecipazione di capitali privati, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali in conformità dei trattati, che non comportano controllo o potere di veto, attraverso le quali non può essere esercitata alcuna influenza determinante sul soggetto affidatario in house.

 

IL REQUISITO DELLA PREVALENZA DELL’ATTIVITA’

Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza l’attività delle società “in house” non deve essere svolta “esclusivamente” nei confronti dei soci pubblici, ma è sufficiente che sia svolta prevalentemente nei loro confronti.

La recente Direttiva comunitaria sugli appalti dei settori ordinari (in senso analogo anche quella dei settori speciali e delle concessioni) ha sancito che la condizione viene ritenuta soddisfatta qualora oltre l’80% delle attività del soggetto affidatario in house siano effettuate nell’abito dello svolgimento dei compiti ad esso affidati dall’Amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’Amministrazione aggiudicatrice.

La possibilità di operare in via residuale con i terzi deve essere ovviamente prevista dalla Statuto della società.

 

IL REQUISITO DEL “CONTROLLO ANALOGO”

La nuova Direttiva comunitaria sugli appalti dei settori ordinari (in senso analogo anche quella dei settori speciali e delle concessioni) specifica che tale condizione risulta soddisfatta qualora l’Amministrazione aggiudicatrice eserciti un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’affidatario in house.

Il controllo può essere esercitato anche da una persona giuridica diversa (il c.d. “controllo analogo indiretto”), a sua volta controllata nello stesso modo dall’Amministrazione aggiudicatrice. E’ il caso, per esempio, delle holding di partecipazioni, che s’interpongono fra l’Amministrazione aggiudicatrice e la società beneficiaria in house, o di alcuni particolari modelli organizzativi di tipo consortile.

 

L’ESERCIZIO DEL “CONTROLLO ANALOGO” IN CASO DI PLURALITA’ DIENTI PUBBLICI SOCI

Secondo la nuova Direttiva sugli appalti dei settori ordinari (in senso analogo anche quella dei settori speciali e delle concessioni), le Amministrazioni socie di minoranza possono esercitare il controllo in modo “congiunto” con le altre – così come affermato più volte anche dal Consiglio di Stato – a condizione che:

  • gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici affidanti, ovvero, da soggetti che possano rappresentare più̀ o tutti i soci pubblici affidanti;
  • i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato;
  • l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli dei soci pubblici affidanti.

Sul tema del “controllo congiunto” il Consiglio di Stato si era già espresso in più occasioni sostenendo che il controllo analogo è assicurato anche se non viene esercitato individualmente da ciascun socio, l’importante è che sia effettivo.

Quindi, non è necessario che le decisioni siano prese allunanimità o che lo Statuto preveda il diritto di veto in favore dei soci. E’ invece necessario che i soci pubblici agiscano unitariamente (vedi: C.d.S., sentenze nn. 1365/2009, 5082/2009, 7092/2010, 1447/2011, 1801/2014 e anche TAR Piemonte, sez. I, sentenza n. 1069 del 16/6/2014, nonché TAR Abruzzo, sentenza n. 596 del 10/7/2014).

 

UNA RECENTE PRESA DI POSIZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO

La III sezione del Consiglio di Stato (sentenza n. 5732 del 17/12/2015) ha recentemente affermato illegittimità dell’affidamento «in house» in carenza del presupposto della convenienza economica per l’Amministrazione pubblica affidante.

Inoltre, ha sostenuto che, in base al combinato disposto dell’art. 4 commi 7 e 8 del D.L. 95/2012 (che obbligano le Amministrazioni pubbliche ad acquisire beni e servizi mediante procedure concorsuali), l’affidamento diretto a società a totale partecipazione pubblica sarebbe consentito solo con riferimento ai servizi di interesse generale e non anche per i servizi a carattere strumentale.